Dopo un incontro fugace al M.E.I., non a caso durante l'esibizione
dei Mariposa, abbiamo ricontattato Marco Parente. Ne è uscita una lunga
intervista sulla scia delle suggestioni del suo ultimo disco, Trasparente.
Ciao Marco, ti ho incontrato recentemente al M.E.I., dove ti ho visto suonare e aggirarti incuriosito tra gli stand. Che impressione ti hanno fatto quelle due giornate? Hai trovato dei gruppi interessanti?
Mi sono più che altro divertito molto, ho incontrato persone che non vedevo da anni e goduto di un'atmosfera positiva e festosa ... e caotica! Ho ricevuto un sacco di demo che devo ancora finire di ascoltare. A parte i Mariposa, non ho visto cose che mi abbiano impressionato particolarmente, ma sono anche convinto che c'erano e ci sono
Nel tuo showcase suonavi acustico con l'aggiunta dei fiati di Enrico Gabrielli dei Mariposa, come vi siete conosciuti?
Enrico abita nel Valdarno e collabora con Lorenzo Brusci, ovvero la persona che ha curato i due brani elettronici di "Trasparente" ... è stato proprio lui che ci ha fatto incontrare e l'intesa è stata immediata, ancor prima di toccare strumento.
Tra l'altro quella serata il suono era pessimo, addirittura non si riuscivano a sentire assolutamente i fiati, una situazione assurda anche perché eravate solo in due a suonare.
L'unica parentesi da dimenticare, per fortuna breve, è stata proprio l'esibizione, mi sarei potuto arrabbiare molto, ma ero troppo di buon umore per rovinare tutto.
Nel tuo disco c'è un ottimo lavoro di fiati in parecchi brani, eppure ho notato una profonda diversità (come è giusto che sia) tra il materiale inciso in studio e quello che proponi dal vivo. Come se quest'ultimo fosse una continua rielaborazione, quasi una istintiva metamorfosi delle forme fissate su dusco.
Ho sempre lavorato così anche per gli altri due dischi, mi annoio molto facilmente specie quando intravedo la routine, questo vale ancor di più per "Trasparente"..., perchè per la prima volta non ho avuto una band fissa, ma varie collaborazioni molto differenti: quartetto classico, solo, elettronica, big band.
Ora sei in tour con la band o con questo duo?
Ho selezionato due set differenti: uno con un quintetto (batteria, basso, clarinetto+tromba, chitarra elettrica) e uno più ridotto con solo Enrico e Marco Tagliola.
Non sei nuovo a questo tipo di collaborazioni, ricordo di averti visto in concerto anche con Paolo Benvegnù ... che tra l'altro suona anche su "Trasparente" insieme a Marco Tagliola, un altro ex-Scisma.
Gran parte del merito della riuscita di "Trasparente" ... è di Paolo, soprattutto nella fase progettuale, perchè mi ha dato molta energia e coraggio in un momento per me difficile. Con Tagliola abbiamo fatto molta strada insieme e credo che molta altra ne faremo.
Purtroppo non conosco i tuoi lavori precedenti, ma l'ascolto di "Trasparente" mi ha a dir poco sbalordito, una delle poche cose veramente nuove che mi è capitato di ascoltare ultimamente nell'ambito del cantautorato italiano … anche se poi non è giusto limitare la tua musica a questo.
Grazie! Non so cos'altro dire
Tu come definiresti la tua musica?
Non la definirei, posso solo esserla. Duke Ellington diceva che la musica è una.
Uno dei nomi che ti viene più spesso accostato è quello di Jeff Buckley, ma mi sembra che la tua proposta si differenzi parecchio … al massimo c'è qualche affinità, ma molto in generale. Tra l'altro il paragone con Jeff Buckley è diventato uno dei più facili ed abusati, per chiunque abbia una minima impostazione malinconica e cerchi di cantare in falsetto. E lo stesso si potrebbe dire dei Radiohead ...
Anche qui non posso che condividere le tue riflessioni
I testi mi sembrano particolarmente "impegnati": forse questo aggettivo spaventa un po', per come ci siamo abituati, ma trovo che la tua scrittura nasca tanto dalla poesia quanto da un percorso sociale ed umano cosciente ed attento … solo che non usi slogans, ma immagini …
Non è del tutto esatto, uso spesso possibili slogans, ma sempre rivolti al singolo individuo, quindi più scomodi per ognuno di noi, perchè ti costringono costantemente allo specchio senza concessioni alle facili identificazioni e alle mitizzazioni di massa.
Posso chiederti se l'inizio di "Come un coltello" fa riferimento all'immagine di "American beauty", con il sacchetto di carta che svolazza e la voce fuori campo che rimanda al concetto di bellezza?
Assolutamente sì.
Spesso accosti il concetto di bellezza all'immagine di un coltello. In ogni tuo brano c'è questo fondo di sofferenza, anche di violenza … penso anche al testo di "Anima gemella", un modo tuttaltro che convenzionale per una canzone d'amore …
La bellezza (come tutta l'arte) è per me il vero mistero del mondo: al di là dell'estetica, cos'è che stimola l'anima a spingerci curiosi e palpitanti verso una cosa o una persona? Cos'è che mi fa dire questo mi piace questo non mi piace?
Come vedi la bellezza e il suo contrario sono faccie di una stessa medaglia, cantandola canti anche il suo contrario.
E poi torni sempre su questo concetto di umanità che sta per tracollare... Ne "La mia rivoluzione", ne dai un'immagine alquanto ingorda, ma estremamente reale …
Ma l'umanità da sempre sta per tracollare, vive sempre in bilico su un precipizio che è la terra. "La vita è assurda ma c'è sempre qualcosa che ci spinge a viverla" e non si torna indietro, mai. E' troppo difficile riconoscere la verità imbarazzante ogni giorno, non credo si possa cambiare il non equilibrio delle cose, ma provarci è necessario....è vivere!
Da un parte ci sono le immagini del fiore, della farfalla, di una rivoluzione da fare "a colpi di grazie", e dall'altra un'umanità colma di armi, che non è mai sazia e che non si basta mai … l'unica risposta che sembri dare è quella individuale di cambiare se stessi prima del mondo che ci sta attorno. Quindi si ritorna alla necessità di un percorso interiore della propria coscienza … non credi che il movimento comunemente denonimato No Global, per quanto dispersivo, sia uno dei pochi che sta davvero cercando di rispondere a questi quesiti? Quanto pensi che possa essere utile la musica in questo cammino?
No, non credo, credo sia solo la coscienza di ogni singola persona che può dare delle risposte. Finchè ci sarà il bisogno di un leader e di un movimento in cui riconoscersi, ci sarà sempre disuguaglianza nel mondo e questo vale anche per una canzone, che in fondo è un prolungamento della coscienza.
Allora torniamo alla musica: una cosa che non mi sarei aspettato nel disco è un brano dai ritmi elettronici, quasi dance come "Fuck [he]art & let's dance", ma a ben guardare ci sta benissimo, ed è anch'esso frutto di quella libertà, di quel senso esplorativo che applichi anche alle altre canzoni.
Mi fa piacere se vedi "Fuck …" come frutto di uno spirito libero, e imprevedibile, aggiungo io. A onor del vero però ti devo dire che la frase non è mia, ma di Lawrence Ferlinghetti, era il titolo di una mostra inaugurata a Verona due anni fa. Non so nemmeno se la intendiamo nello stesso modo, ma poco importa, credo sia sufficientemente ambigua da dare adito alle più libere interpretazioni; sicuramente chi ne rimane scandalizzato o infastidito è l'oggetto stesso di tale frase.
Mi sai che sei un buon maestro perché al M.E.I. ho visto il tuo batterista esibirsi in prima persona (anche lui con Enrico Gabrielli)... è lo stesso percorso che hai fatto tu: sei partito come batterista e ora hai una carriera tua.
Sì, anche se Andrea nasce come chitarrista, cantante e in seguito l'ho spinto a suonare la batteria (cercavo un batterista molto musicale, ma poco tecnico).
Come sono state le collaborazioni con i C.S.I. e con Andrea Chimenti?
Con i CSI ho fatto il turnista di studio (anche se con totale libertà), mentre con Chimenti ho dato tutto ciò he avevo da dare in quel momento alla batteria e in realtà ne "L'albero pazzo" mi sono occupato e ho imparato molte cose sugli arrangiamenti e sulla produzione (insieme a Massimo Fantoni).
Hai ancora contatti e progetti con alcuni di loro?
No, ci samo persi un po di vista.
Come è stato avere Manuel Agnelli come produttore?
E' stato perfetto, ha fatto il produttore puro. Ha lavorato su di me esponendo il mio modo di scrivere e cantare una canzone nella sua parte più essenziale al di là degli arrangiamenti. Ha preso decisioni fondamentali lì dove io non ero in grado di prenderle.
Non voglio sembrare retorico, ma non trovi che in fondo "Trasparente" a suo modo possa essere anche un ottimo augurio d'amore e di speranza?
Nonostante spesso può sembrare che la mia visione delle cose sia al quanto pessimistica, io credo di cercare nella consapevolezza e nella dignità la speranza e la fiducia.
di Christian Verzeletti
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